La cerasicoltura coperta dà una garanzia di reddito vicina al 100%

Parla un imprenditore della Puglia

Estratto da Fresh Plaza

Ha terminato la raccolta delle sue ciliegie proprio ieri (11 maggio 2023) Antonio Guglielmi, un cerasicoltore pugliese che sin da subito ha compreso quanto sia fondamentale proteggere i suoi impianti, specie in un epoca in cui gli eventi meteorologici avversi sono frequenti e dannosi.

“Ad ogni campagna – ci spiega soddisfatto del lavoro eseguito anche quest’anno – quasi la totalità della produzione viene destinata al mercato del fresco. Le mie prime coperture risalgono a 25 anni fa. La cerasicoltura coperta dà una garanzia di reddito vicina al 100%, eppure nella mia regione risulta essere coperta solo una percentuale insignificante di ceraseti, nonostante la sola provincia di Bari rappresenti il 34% della produzione nazionale”. 

Le precipitazioni e quindi l’alto tasso di umidità sono tra i principali nemici della coltivazione delle ciliegie. “In una stagione come quella attuale, in cui le precipitazioni sono incessanti, la gestione della produzione diventa complessa. In Puglia, infatti, si stanno verificando giorni di pioggia significativi, che, insieme alle raffiche di vento, continuano a compromettere il raccolto e quindi a creare spaccature, ammaccature o macchie sui frutti”.

La totalità delle superfici dell’imprenditore pugliese sono protette da due tipologie di coperture: una serra standard e datata e una tenso-struttura con corridoio centrare e laterale apribili (progetto Eshelter regione Puglia Mis. 16.2), entrambi coperte con il film termoplastico a luce diffusa della Retilplast.

“Un altro fattore positivo che riscopro ogni anno è la maggiore qualità del prodotto ottenuto sotto copertura rispetto a quello coltivato in pieno campo, sia in termini di calibro sia di serbevolezza. Le coperture  consentono all’agricoltore di raccogliere anche quando piove, permettendogli quindi di essere presente sui mercati a prezzi alti, piuttosto che arrestare le attività, con conseguente selezione dei frutti, e sperare poi che non si verifichino contestazioni e deprezzamento della merce”.

https://www.freshplaza.it/article/9528774/la-cerasicoltura-coperta-da-una-garanzia-di-reddito-vicina-al-100/?utm_medium=email

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Quando a fare la differenza è una tenso-struttura

Ciliegie pugliesi già in raccolta

Estratto da Fresh Plaza

Solo tre giorni di ritardo sulla tabella di marcia per un cerasicoltore pugliese, nonostante l’andamento climatico che quest’anno pare davvero sfavorevole.

“Dopo aver raccolto un tunnel di varietà antica e autoctona chiamata  Palombara, inizierò domenica (23 aprile 2023) con il primo stacco della varietà precoce Early Bigi. Operazioni che dureranno circa 10 giorni. I frutti hanno una pezzatura tra 30 e 32 mm, oltre a presentarsi di ottimo sapore e di buona consistenza. Le produzioni verranno interamente conferite all’OP Agritalia. Non avrei mai potuto ottenere un simile risultato agronomico, se non avessi creduto fin dall’inizio nelle soluzioni di copertura Retilplast”.

A parlare da Bisceglie è Antonio Guglielmi (in foto sopra), titolare della società agricola Naturaviva, nonché componente di Agromnia, una società di consulenza agronomica composta da un pool di professionisti. 

“L’andamento climatico è risultato finora pessimo – riprende l’imprenditore pugliese – Abbiamo avuto un inverno caldo con sprazzi di gelo e poi frequenti ritorni di freddo. Adesso, invece, piove per giorni interi e ciò porta il tasso di umidità alle stelle. I miei ceraseti sono però totalmente coperti, al sicuro sia da shock termici sia da altre dinamiche spiacevoli. Trattasi di una tenso-struttura alta 3,20 m, che prevede un corridoio di areazione centrale e delle aperture laterali. Il tutto è coperto da film termoplastico Plus e da una rete anti-insetto. Quando la temperatura sale, all’interno della serra si raggiungono al massimo i 30° C; quando invece fa freddo, si riescono a recuperare anche 4° C rispetto all’esterno”.

Il corridoio di aerazione variabile fino a un metro consente all’agricoltore di gestire in modo ottimale la temperatura e l’umidità all’interno della struttura, grazie alla maggiore circolazione dell’aria. Ciò comporta un anticipo della maturazione dei ciliegeti, dovuto all’alta luce diffusa e all’ottima trasparenza del telo, e quindi un avvio dell’annata quando i prezzi sono decisamente soddisfacenti. 

La tipologia di copertura utilizzata nel ceraseto di Guglielmi è stata concordata e condivisa con Retilplast, l’azienda campana che produce, trasforma e commercializza film e teloni rinforzati,  nell’ambito di un progetto di ricerca finanziato dal PSR Puglia (Misura 16.2 – E.Shelter). 

https://www.freshplaza.it/article/9522451/ciliegie-pugliesi-gia-in-raccolta/

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Innovazione della produzione integrata e anticipata di fruttiferi minacciati da fisiopatie e fitofagi invasivi

1.2 Piattaforma E-Shelter

Abbiamo verificato l’affidabilità e la stabilità del sistema di monitoraggio in campo appena completata l’installazione della strumentazione e della sensoristica. Infine, abbiamo stabilito il collegamento tra la centralina che gestisce i diversi sensori ambientali e un laptop grazie alla rete WiFi generata dal router dedicato montato a servizio della centralina su palo e quindi sui sensori collegati.

I dati sono archiviati secondo i propri parametri sull’apposita piattaforma raggiungibile al link: https://eshelter.dyrecta.com/

I valori relativi ai parametri misurati in campo vengono inviati ad intervalli regolari. Attraverso la piattaforma E-Shelter è possibile visualizzare i valori relativi a:

  • Temperatura pt 1000 (temperatura al suolo), misurata in °C;
  • Temperatura dell’aria, misurata in °C;
  • Umidità dell’aria, misurata g/m3;
  • Pressione dell’aria, misurata in Pa;
  • Bagnatura fogliare, in %;
  • Watermark (umidità al suolo), misurata in Hz;
  • Raggi UV, misurati in µm-2s-1;
  • Velocità vento, misurata in km/h;
  • Direzione del vento;
  • Impulsi;
  • Precipitazioni, mm/h;
  • Livello batteria, misurata in %;
  • Voltaggio batteria, misurato in V.

Esempi dei dai raccolti:

II valori di umidità dell’aria variano in un intervallo compreso tra circa 46 e 50 g/m3, mentre la temperatura dell’aria varia da un valore minimo di 4.26 °C ad un massimo di 5.6 °C. Il sensore Watermark ha registrato valori di frequenza compresi tra 2874 e 2890 Hz.

A differenza dell’estratto precedente, in questo caso vengono registrati valori di umidità dell’aria più elevati, in un range compreso tra 47 e 75 g/m3 circa. In particolare, le osservazioni n. 149 e 150 riportano livelli di precipitazioni attorno ad 1 mm/h e la presenza di un nuovo impulso relativo al pluviometro. Questo impulso indica quindi un’interruzione del microcontrollore in relazione ad un evento di svuotamento del contenitore. Con riferimento alle stesse osservazioni, si riportano valori di bagnatura fogliare diversi da 0, pari rispettivamente a 2,384 e 3,787 %. Le stesse osservazioni riportano per il sensore Watermark valori di frequenza compresi tra 2976 e 2994 Hz.

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Dimostrazione in campo

1.1 Sensoristica IoT E-Shelter

Abbiamo assemblato ed installato il sistema Smart Agriculture PRO Libelium sul sito di Conversano per il monitoraggio in tempo reale dei parametri di interesse. Al fine abbiamo montato:

  • Centralina Smart Agriculture PRO;
  • Stazione meteo e pluviometro;
  • Sensore radiazione solare;
  • Sensore umidità al suolo (Watermark);
  • Sensore temperatura al suolo;
  • Sensore bagnatura fogliare;
  • Sensore temperatura, umidità, pressione atmosferica;
  • Pannello solare esterno;
  • Batteria esterna supplementare.

Alcuni sensori non consentono la misura diretta del parametro di interesse ma necessitano una conversione di misura. In particolare, il sensore Watermark che abbiamo collocato ad una profondità pari a circa 20 cm, consente la misura diretta della resistenza agli elettrodi. Il valore di resistenza è proporzionale alla tensione idrica del suolo, che riflette la pressione necessaria per estrarre l’acqua dal terreno e quindi la disponibilità di acqua per la pianta.

Anche il sensore pt 1000 di temperatura lavora nel terreno ad una profondità di circa 20 cm. Il sensore di tipo resistivo varia i propri valori – nelle più comuni applicazioni agricole la resistenza varia tra i 900 e 1200 Ω – in funzione di un range di temperature comprese tra -20 e 50 °C circa. Un’apposita libreria converte i valori di resistenza nei corrispondenti gradi Celsius.

Il sensore di bagnatura fogliare misura valori di tensione in uscita che sono inversamente proporzionali all’umidità condensata sul sensore. Pertanto, i valori in uscita corrispondono alla percentuale di condensa presente sul sensore.

Il sensore di radiazione ultravioletta UV restituisce la tensione proporzionale all’intensità della luce nel range ultravioletto dello spettro elettromagnetico. Questo valore viene trasformato in valore di irradianza, ossia potenza incidente per unità di superficie.

Il pluviometro è costituito da un contenitore che si chiude una volta riempito completamente di acqua per poi svuotarsi automaticamente. Attraverso una resistenza, viene attivata l’interruzione quando la quantità di pioggia provoca un evento di svuotamento del contenuto. Una struttura interna del sensore consente la memorizzazione del numero di interruzioni del pluviometro avvenute nelle ultime 24 ore. Ogni nuovo impulso viene quindi memorizzato attraverso un’apposita funzione che viene chiamata ogni volta che viene generata una nuova interruzione pluviometrica. In particolare, una funzione specifica calcola la quantità di precipitazioni in mm registrate nell’ultima ora restituendo come output questo valore.

Le fotografie mostrano le operazioni di installazione in campo.

Successivamente abbiamo montato un blocco aggiuntivo inclusivo sia della batteria collegata al pannello solare che del router WiFi per la trasmissione dei dati.

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Gestione malattie fungine

Introduzione

In generale, affinché si verifichi una malattia fungina è necessario che siano presenti tre fattori: (i) la presenza del patogeno, (ii) condizioni climatiche adatte e (iii) un tessuto ospite adatto. La presenza del patogeno è evitabile per le malattie con uno spettro d’ospite ristretto e per le quali le fonti primarie di inoculo si trovano negli alberi. I frutti mummificati sono un esempio tipico, poiché è facile evitarne la formazione raccogliendo l’intera produzione e, se presenti, possono essere rimossi durante la potatura e la formazione degli alberi. Tuttavia, questo avviene solo nei sistemi di coltivazione intensiva. L’inoculo di patogeni con uno spettro di ospiti più ampio non è altrettanto facile da evitare, ma è possibile ridurre i livelli di inoculo rimuovendo i potenziali ospiti nell’ambiente circostante. Le condizioni climatiche possono essere ottimizzate per prevenire il rischio di malattie. Su scala locale, l’ubicazione del frutteto è essenziale, ad esempio scegliendo un luogo con una buona circolazione dell’aria e un buon drenaggio. Su scala microclimatica, la distanza di impianto, il vigore degli alberi, la formazione e la potatura influenzano l’apertura della chioma e quindi il rischio di umidità. Inoltre, i sistemi di copertura riducono l’acqua sugli alberi. Il tessuto ospite adatto varia a seconda delle cultivar, ma nessuna cultivar è resistente a tutte le malattie. Nelle ciliegie gli alberi sono più suscettibili alle infezioni durante la fioritura e in prossimità della raccolta. Infatti, in prossimità della raccolta, il frutto diventa sempre più vulnerabile a causa dell’ammorbidimento del tessuto, che rende i nutrienti più facilmente disponibili per il patogeno.

Inoltre, nell’ultima parte dello sviluppo del frutto, con il rapido aumento delle dimensioni, la cuticola può rompersi. Le ferite e i tessuti indeboliti (ad esempio i frutti doppi o abortiti) mostrano una maggiore suscettibilità ai patogeni. Gli uccelli o gli insetti come le vespe possono trasportare le spore fungine nella ferita. Inoltre, i danni provocati da insetti e uccelli offrono aperture adatte anche a patogeni deboli. Sono disponibili in commercio reti per uccelli o altri strumenti per allontanarli. Le irrorazioni preventive o curative con fungicidi prima della raccolta sono un modo possibile per evitare o controllare le infezioni. Un programma tipico di irrorazione nel ciliegio dolce è: frequente durante il periodo della fioritura, meno durante lo stadio di frutto verde e di nuovo frequente prima della raccolta. Nel ciliegio acido, le irrorazioni sono più mirate alla protezione delle foglie e si usa spruzzare regolarmente per tutta la stagione.

È essenziale evitare i marciumi post-raccolta delle ciliegie acide e dolci a causa dell’elevato valore commerciale dei prodotti. La presenza del patogeno può essere costituita da infezioni latenti nel frutto o da inoculo fungino sulla superficie, introdotto prima o durante la manipolazione post-raccolta. La contaminazione da frutto a frutto è essenziale. La sanificazione delle macchine e l’uso di acqua clorata negli idro-frigoriferi e nelle selezionatrici riducono l’inoculo e il rischio di possibili contaminazioni. Si stanno studiando additivi alternativi al cloro. In post-raccolta, le condizioni climatiche possono essere controllate meglio che in campo. La temperatura è essenziale per controllare i patogeni fungini. Il raffreddamento immediato al momento della raccolta, la conservazione a freddo e una catena del freddo continua limitano lo sviluppo della maggior parte dei patogeni. Poiché le ciliegie dolci tollerano un elevato livello di CO2, anche lo stoccaggio in atmosfera controllata o il confezionamento in atmosfera modificata con CO2 elevata e O2 basso limitano lo sviluppo dei funghi. Durante la conservazione, i tessuti dell’ospite diventano gradualmente più adatti alla crescita dei funghi. Inoltre, le ferite dovute alla manipolazione e alla degradazione dei tessuti aumentano la suscettibilità. I trattamenti post-raccolta possono includere anche fungicidi, che però non sono ammessi in tutti i Paesi.

Malattie della frutta

Marciume bruno

Il marciume bruno, la principale malattia delle ciliegie dolci e acide in tutto il mondo, è causato da quattro specie del genere Monilinia: Monilinia laxa Honey e Monilinia fructicola (G. Wint.) Honey, Monilinia fructigena Honey in Whetzel e Monilinia polystroma (G.C.M. Leeuwen) Kohn. Esistono differenze nella distribuzione geografica di queste specie. In generale, M. laxa è presente in tutto il mondo, mentre M. fructicola è essenziale in Nord America, Australia e Nuova Zelanda. Allo stesso tempo, M. fructigena è più comune in Europa e in Medio Oriente. M. polystroma sui frutti di ciliegio è stata segnalata solo in Polonia. Monilinia spp. è polifaga, ma il suo ospite principale sono le colture di frutta.

L’infezione di Monilinia spp. può causare gravi perdite ai frutti di ciliegio acido e dolce, soprattutto nelle stagioni con tempo molto umido durante la fioritura o immediatamente prima del raccolto. Le perdite sono associate principalmente alla peronospora della fioritura, che riduce l’allegagione e la resa potenziale, e al marciume bruno sui frutti in maturazione. M. laxa e M. fructicola causano principalmente la peronospora. M. laxa si adatta bene alle temperature relativamente basse della primavera, causando infezioni a temperature fino a 5°C con un breve periodo di umidità. Al contrario, M. fructicola mostra una maggiore aggressività e capacità di infezione a temperature comprese tra 20 e 25°C. I fiori sono infettati principalmente dai conidi (anamorfi), che possono essere diffusi dalla pioggia o dal vento. Quando le spore di M. laxa atterrano su tessuti sensibili, germinano in 2 ore in presenza di umidità e temperatura favorevoli. Tuttavia, per M. fructicola, la durata dell’umidità gioca un ruolo essenziale nel percorso di infezione. Senza acqua, l’infezione è quasi assente, anche in presenza di un grande inoculo, mentre con un periodo di bagnatura di 15 ore, oltre l’80% delle ciliegie è infettato dal patogeno. Il teleomorfo, raramente presente in M. laxa, svolge un ruolo significativo nel ciclo vitale di M. fructicola. Gli apoteci formati sui frutti mummificati caduti producono ascospore, un’ulteriore fonte primaria di inoculo. Le ascospore non sono ancora state trovate nei frutteti europei.

Le infezioni latenti sono un collegamento essenziale tra la peronospora e il marciume della frutta. Questa infezione deriva da conidi che hanno germinato ma hanno smesso di crescere, per riprendere solo quando i frutti sono maturi. L’incidenza delle infezioni latenti di M. fructicola su frutti immaturi di ciliegio dolce supera quella di Botrytis cinerea su ciliegio, e le infezioni hanno avuto luogo dopo 6-12 ore di bagnatura piuttosto che dopo 18-24 ore, quando si sviluppa il marciume attivo.

Tutte e quattro le Monilinia spp. possono causare il marciume bruno dei frutti e tutte sono presenti sugli stessi frutti, il che indica la loro presenza nel frutteto e la potenziale competizione nella colonizzazione dell’ospite. Le interazioni tra le specie possono verificarsi durante la formazione e la maturazione dei frutti. Nel caso delle ciliegie acide, le infezioni dei frutti sono più rare. Lo stadio fenologico ha un effetto significativo sulla suscettibilità dei frutti alle infezioni. Le ciliegie sono inizialmente resistenti all’infezione dei conidi di M. laxa prima che i frutti inizino ad assumere il colore rosso. I frutti infetti sono coperti da macchie putrefattive, dalle quali compaiono sporodochia (ife) con conidi. I conidi dispersi da insetti, pioggia e vento penetrano negli stomi, nelle lenticelle e nelle microfessure della buccia del frutto. La concentrazione di conidi influisce sulla comparsa delle lesioni sul ciliegio dolce, riducendo il tempo di incubazione da 5 a 2 giorni. Con il tempo, il frutto si mummifica e il micelio che cresce su queste mummie si aggrega gradualmente in pseudoscleroti, che sono una fonte di inoculo primario per le infezioni dei fiori nella stagione successiva. Allo stesso modo, il teleomorfo di M. fructigena e M. polystroma non svolge un ruolo significativo nel loro ciclo vitale.

L’incidenza della malattia nella fase di post-raccolta è legata a fattori quali il raffreddamento rapido, la corretta refrigerazione e l’imballaggio, poiché, più di altre drupacee, le ciliegie dolci sono caratterizzate da una breve vita post-raccolta (4-7 giorni nelle celle frigorifere convenzionali) e, in questa fase, sono molto suscettibili ai marciumi da Monilinia. In particolare, la presenza di fratture cuticolari o di lesioni minute simili è positivamente correlata alla comparsa di marciume bruno. La colonizzazione pre-raccolta si verifica dalla caduta dei petali alla raccolta, determinando infezioni latenti sui frutti di ciliegio in maturazione. Quando la resistenza dei frutti diminuisce, si verifica la crescita del patogeno, con conseguenti sintomi di marciume bruno.

Tradizionalmente, l’identificazione di Monilinia spp. si basava sulle caratteristiche morfologiche delle colture fungine coltivate su terreni nutritivi artificiali, come il colore, il margine e il tasso di crescita della colonia, la sporulazione e le dimensioni delle spore o il modello di crescita in provetta. Tuttavia, l’esistenza di isolati atipici all’interno delle specie e la necessità di individuare precocemente le infezioni quiescenti hanno reso necessario lo sviluppo di metodi molecolari più accurati e meno dispendiosi in termini di tempo per l’identificazione di Monilinia spp. Tali procedure diagnostiche comprendono un saggio di PCR multiplex e un saggio di PCR basato sulla presenza e sulle differenze di dimensione di un introne del gene del citocromo b.

Le pratiche culturali, come la rimozione dei frutti marci o delle mummie e la potatura dei rametti infetti, riducono i livelli di inoculo ma non eliminano la malattia. Il controllo degli insetti è essenziale per un’efficace gestione del marciume bruno e per i trattamenti fungicidi protettivi. I fungicidi disponibili per il controllo del marciume bruno appartengono ad almeno 12 classi chimiche diverse, ma i più efficaci appartengono alle classi dei triazoli, dei fenilpirrolici e delle anilinopirimidine che inibiscono la demetilazione (DMI). Il momento dell’applicazione del fungicida è critico per il controllo della peronospora, perché i fiori devono essere protetti prima che l’umidità prolungata e le temperature miti favoriscano l’infezione. Nel caso dei frutti, poiché la resistenza dell’ospite aumenta con la fase di indurimento dei noccioli e diminuisce circa tre settimane prima del raccolto, la fase critica è quella immediatamente precedente al raccolto. Tuttavia, si raccomanda l’applicazione di fungicidi alla caduta del nocciolo e prima della raccolta per le ciliegie dolci e acide, con un’ulteriore irrorazione a metà stagione per le ciliegie dolci. Per ridurre l’uso dei fungicidi sono stati sviluppati sistemi di analisi del rischio e di supporto alle decisioni. Parametri come la temperatura, le condizioni di umidità, il potenziale di inoculo, le infezioni latenti e le fasi fenologiche dei frutti, come la fioritura e la maturazione, possono fornire una previsione del rischio per una valutazione anticipata della gravità della malattia, aiutando a prendere decisioni relative al programma di irrorazione fungicida. Il controllo biologico del marciume bruno delle ciliegie è stato ottenuto con funghi epifiti come Aureobasidium pullulans ed Epicoccum purpurascens, ma non è ancora utilizzato a livello commerciale. La raccolta e la manipolazione dei frutti con attenzione per evitare lesioni, il raffreddamento tempestivo dei frutti dopo la raccolta mediante raffreddamento idroelettrico o ad aria forzata, l’uso di contenitori puliti per contenere i frutti e la raccolta tempestiva dei frutti aiutano a ridurre il marciume bruno post-raccolta. Per evitare la diffusione di spore di Monilinia nell’acqua di raffreddamento, è consuetudine aggiungere cloro o biossido di cloro; tuttavia, ciò può essere insufficiente a causa dell’instabilità del cloro nell’acqua contenente materia organica. L’aggiunta di acido peracetico nell’acqua di raffreddamento sembra essere una valida alternativa al cloro.

Malattie degli alberi

Marciume del colletto delle radici da Phytophthora

Diverse specie di Phytophthora causano questa malattia: P. cambivora, P. megasperma, P. drechsleri, P. cryptogea, P. cinnamoni, P. citricola, P. cactorum, P. citrophthora, P. syringae e altre specie non identificate con un’ampia gamma di ospiti. Un albero indebolito può diventare un “terreno” di coltura e varie specie di Phytophthora possono causare marciumi. L’allagamento prolungato del terreno è il principale fattore predisponente. Nei frutteti ben gestiti, la malattia è raramente riscontrata; ad esempio, in un’indagine condotta nell’Italia meridionale, Phytophthora spp. è stata isolata solo nel 3% dei campioni.

I sintomi sulla chioma delle piante infette sono generalmente aspecifici, come la scarsa crescita, la decolorazione, l’ingiallimento e la caduta delle foglie, il deperimento, l’appassimento e il collasso di germogli e impalcature. Anche i giovani alberi possono collassare e morire poco dopo la ripresa della crescita in primavera, spesso a seguito di un autunno/inverno eccessivamente umido. Gli alberi ben consolidati possono morire nel giro di settimane o mesi dopo diverse stagioni di crescita dai primi sintomi. Alla base delle piante colpite (colletto e chioma) si possono osservare sintomi più specifici, come la corteccia in decomposizione che diventa marrone, depressione e necrosi. La decolorazione può estendersi un po’ all’alburno, ma il patogeno non può colonizzare lo xilema. Le carie possono presentare fessurazioni della corteccia con o senza essudazione di gomma. Se si raschia la corteccia esterna, si nota un confine netto tra i tessuti infetti e quelli sani. I primi sintomi si manifestano nei settori della chioma al di sopra del tronco. I cancri possono avvolgere l’albero, causandone la morte; se il cancro si sviluppa oltre il 50% della circonferenza del tronco, la pianta deve essere sostituita. I cancri iniziano a crescere dal tessuto sotterraneo della chioma, estendendosi verticalmente lungo il tronco. A seguito dell’attacco all’apparato radicale, le radici nutrici sono poche e deperite, con decolorazione della corteccia da marrone scuro a nera, mentre lo stelo rimane inizialmente bianco. Il tessuto della corteccia delle radici più grandi mostra un decadimento simile a quello descritto per il tessuto del colletto, ma senza essudazione di gomma, e alla fine si dissolve nel terreno. Le piante indebolite da fattori ambientali sono più inclini al marciume radicale.

Sono stati stabiliti protocolli di identificazione molecolare. L’isolamento del patogeno può essere più difficile in estate, quando i sintomi sono più evidenti che in primavera e in autunno. Phytophthora spp. è un comune abitante del suolo, ma può anche penetrare nei frutteti attraverso particelle di terreno sulle radici, sugli strumenti di lavoro, sul vento o sull’acqua. I miceli producono sporangi tra due eventi di saturazione del suolo, quando il terreno ha un buon bilancio di ossigeno; le zoospore vengono rilasciate dagli sporangi quando il terreno diventa saturo. In generale, le temperature della primavera e dell’autunno sono favorevoli all’attacco. Il patogeno può sopravvivere nei tessuti vegetali, ma in condizioni ambientali avverse, a seconda della specie di Phytophthora, può sopravvivere sotto forma di oospore e clamidospore nel suolo o nei tessuti dell’ospite per diversi anni.

Le misure preventive si basano sulla gestione dell’acqua e sull’uso di portainnesti tolleranti. In primo luogo, è necessario evitare i terreni poco drenati o non livellati. Poiché le zoospore vengono rilasciate durante ogni irrigazione, ridurre al minimo la frequenza di saturazione del suolo (irrigazione dopo la richiesta) aiuta a prevenire l’infezione. Gli alberi devono essere irrigati in base alla richiesta di evapotraspirazione. La chioma e il tronco non devono mai essere bagnati dall’irrigazione e la piantagione su letti rialzati riduce il rischio di malattia. Sono state osservate maggiori perdite su Mahaleb rispetto al portainnesto Mazzard. Le marze sono più sensibili dei portainnesti e gli alberi devono essere piantati a una distanza adeguata dalla marza al terreno. Il controllo chimico è difficile. La fumigazione con Vapam® può essere una soluzione in vivaio, ma non in campo per l’impianto e il reimpianto. Dopo l’impianto, i fungicidi sistemici metalaxil e fosetil-alluminio hanno fornito, in alcuni casi, un certo livello di protezione.

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Avversità e controllo

Mosca europea del ciliegio – Rhagoletis cerasi

La mosca europea del ciliegio, Rhagoletis cerasi, appartiene alla famiglia dei Tephritidae (ordine dei Ditteri), che comprende un gran numero di fitofagi dannosi di frutta e verdura, di interesse globale o regionale anche presenti nella regione mediterranea, come la mosca mediterranea della frutta, Ceratitis capitata (Wiedemann), la mosca dell’olivo, Bactrocera oleae (Rossi), la mosca del pesco, Bactrocera zonata (Saunders), e la mosca della zucca etiope o minore, Dacus ciliatus Loew. A differenza della maggior parte delle specie tropicali e subtropicali della famiglia dei tefritidi, che sono multivoltine e note per un ampio spettro di ospiti, le specie di Rhagoletis sono univoltine e stenofaghe. Diverse specie sono presenti in Nord America, ma delle poche originarie dell’Europa, solo Rhagoletis cerasi è di grande importanza per la produzione di ciliegie. La sua attuale distribuzione geografica va dall’Asia occidentale (regioni del Caspio e del Caucaso, Asia Minore e Siberia occidentale) all’Europa occidentale (Portogallo), estendendosi dalla Norvegia e dalla Svezia a nord fino a Creta e alla Sicilia a sud.

Rhagoletis cerasi compie una generazione all’anno, o raramente una ogni due anni. In alcuni casi, alcune pupe possono emergere durante la stessa stagione, ma non sembrano riprodursi. In tarda primavera, gli adulti emergono dalle pupe che riposano nel terreno sotto la chioma dell’albero ospite. La comparsa degli adulti inizia 10-40 giorni dopo la fioritura del ciliegio e di solito è ben sincronizzata con la fase di crescita ed espansione dei frutti, che precede la maturazione. Il processo di emergenza può prolungarsi fino a 30-50 giorni (anche se il 60-80% degli adulti emerge entro 2 settimane), a seconda delle temperature locali, della topografia dell’azienda, dell’esposizione dei pendii, dell’umidità e della copertura del suolo.

Cancro batterico

La batteriosi è presente nelle aree di coltivazione delle drupacee di tutto il mondo e può essere riscontrata su tutte le drupacee e, negli ultimi anni, anche su mele e pere. Tuttavia, i danni maggiori sono causati nei frutteti e nei vivai di ciliegie e albicocche.

I sintomi della malattia si osservano su tutti gli organi fuori terra degli alberi, causando una forte riduzione della resa (fino al 75%) e talvolta portando alla morte gli alberi, soprattutto nei vivai e nei frutteti giovani. La comparsa dei sintomi è legata alle due fasi della malattia: quella invernale, che si manifesta sui tessuti legnosi, e quella estiva, presente sugli organi appena sviluppati nel periodo vegetativo. I sintomi caratteristici della malattia sul tronco principale e sui rami dei ciliegi comprendono un’infossatura e una carie di colore marrone scuro, spesso accompagnata da gommosi. I batteri svernano all’interno e sulle gemme infette, sui tessuti intorno alle tracce delle foglie cadute e ai margini delle necrosi e dei cancri, costituendo così la fonte di infezione primaria. In primavera, in condizioni favorevoli (cioè clima fresco e umido), i batteri si moltiplicano e vengono diffusi da vento, pioggia e insetti sui nuovi organi in via di sviluppo. Sulle foglie si osservano macchie necrotiche marroni di forma più o meno regolare, spesso circondate da un “alone” giallo ben visibile. Con lo sviluppo della malattia, il tessuto necrotico si sgretola e le foglie vengono perforate. Nel caso dell’infezione dei fiori, che si verifica soprattutto sulle varietà di ciliegie suscettibili dopo le gelate primaverili, si osservano prima appassimento e imbrunimento dei fiori in via di distensione, seguiti da annerimento e deperimento. I fiori morenti sono fonte di infezioni secondarie: i batteri possono diffondersi ai germogli e ai rami, provocando necrosi, deperimento e formazione di cancri. A volte si osservano importanti disorganizzazioni e necrosi dei tessuti sottocorticali. Sui frutticini e sui frutti si possono trovare macchie necrotiche nere e infossate, che talvolta coprono una parte significativa del frutto. In caso di infezione grave, questi frutti perdono il loro valore commerciale. Nello sviluppo della malattia, i fattori predisponenti includono i nematodi, il basso pH del suolo e il gelo.

Controllo

La strategia più efficace per proteggere i ciliegi dal cancro batterico è la prevenzione. Quando si piantano nuovi ciliegieti, oltre alla selezione delle varietà, è importante utilizzare materiale vivaistico sano. Questo materiale deve essere assolutamente esente dalla malattia. Nei frutteti, un’azione importante è la rimozione dei germogli infetti con abbondante legno asintomatico a piante asciutte e curando le ferite immediatamente dopo il taglio. In caso di grave infezione, è necessario rimuovere l’intero albero. La presenza di nematodi e il pH del terreno devono essere controllati, poiché entrambi predispongono il ciliegio al cancro batterico.

Per la protezione chimica contro la batteriosi, la riduzione dell’incidenza dei batteri sulla superficie delle piante viene effettuata utilizzando composti a base di rame. Questi hanno una buona attività batteriostatica e battericida, ma solo come tensioattivi. Nei prodotti commerciali sono presenti principalmente tre diverse sostanze attive: ossido di rame, ossicloruro di rame e idrossido di rame. In un programma di protezione delle ciliegie dolci e acide, si raccomandano tre periodi principali di irrorazione/trattamento con il rame: (i) il periodo di assenza di foglie per ridurre le popolazioni di patogeni sia sulla superficie dei cancri che emergono dalle gemme dormienti; (ii) il periodo di fioritura; e (iii) il periodo di caduta delle foglie per ridurre l’infezione delle cicatrici fogliari. Nel caso di varietà sensibili e in caso di clima umido e caldo che favorisce la diffusione del patogeno, è opportuno effettuare trattamenti aggiuntivi subito dopo la fioritura.

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Sistemi a traliccio

Con la manodopera del frutteto che diventa sempre più costosa e difficile da reperire nella maggior parte delle regioni di coltivazione del ciliegio, c’è un notevole interesse per una maggiore efficienza della manodopera e per la meccanizzazione delle operazioni del frutteto, dalla potatura (siepe) al diradamento delle colture, fino alla raccolta (raccoglitori con piattaforme meccanizzate semoventi o addirittura raccoglitori meccanici o robotizzati). I frutteti che si prestano a una maggiore meccanizzazione devono essere costituiti da alberi con chiome semplificate e strutturate in modo uniforme, idealmente come una parete continua di superficie fruttifera in cui i frutti sono facilmente accessibili ai raccoglitori o alle macchine raccoglitrici. Le architetture contemporanee delle chiome dei ciliegi, formate da pareti fruttifere continue relativamente strette (planari), richiedono in genere un sostegno dell’albero, come uno o più fili di traliccio, per mantenere la precisione dell’orientamento della chioma, l’efficienza dell’intercettazione della luce e l’uniformità dello sviluppo della superficie fruttifera nello stretto spazio assegnato alla chioma. L’obiettivo è facilitare il movimento unidirezionale degli operai (e/o delle macchine) parallelamente al filare di alberi e non intorno ai singoli alberi. Queste architetture devono essere sviluppate con densità più elevate, ma, a seconda del sistema di formazione, non richiedono necessariamente portainnesti con controllo del vigore. La precocità, tuttavia, è un tratto critico per spostare rapidamente la distribuzione delle risorse di crescita dal riempimento dello spazio assegnato alla chioma alla produzione di un pieno carico colturale, che aiuta a mantenere un vigore moderato che raggiunge un rapporto equilibrato tra foglie e frutti.

Quanto più stretta è la chioma planare, tanto più vicine possono essere le file di alberi, aumentando la densità e la resa potenziale per ettaro. Gli autori non hanno riscontrato una riduzione dell’intercettazione della luce per le chiome strette e planari del ciliegio dolce, con un rapporto altezza-fila di 1,25 rispetto a quelle con un’altezza-fila di 1,0. Le chiome verticali planari contribuiscono anche a facilitare l’uso di coperture a filari stretti per la protezione dalla pioggia o dalla grandine, riducendo al minimo l’accumulo di calore negativo grazie al profilo stretto della copertura. Allo stesso modo, tali tettoie possono facilitare l’uso di sistemi di reti a fila singola per l’esclusione di insetti (come il moscerino dei piccoli frutti, la Drosophila suzukii e altri moscerini della frutta) e uccelli.

Chiome planari a un solo leader

È possibile sviluppare architetture arboree planari a portamento singolo con portinnesti precoci semi-nanizzanti o nanizzanti per frutteti ad altissima densità (ad esempio, 2000-4800 alberi ha-1), come il sistema SSA (Super Slender Axe). Gli alberi sono piantati a circa 0,5 m di distanza l’uno dall’altro, il che consente un certo controllo della vigoria a causa della competizione delle radici per le risorse del suolo, e sono soggetti a una drastica potatura annuale per promuovere la fruttificazione principalmente sulle gemme non germoglianti alla base dei germogli della stagione precedente. Questo sistema è ideale per le cultivar che formano facilmente rami laterali, che non hanno un portamento troppo eretto e che sono molto produttive sulle gemme da frutto basali. La potatura delle radici può essere necessaria per mantenere il modesto vigore necessario per una fruttificazione equilibrata, poiché una crescita eccessiva in un sistema ad alta densità può portare all’ombreggiamento e a germogli troppo vigorosi che formano poche gemme da fiore basali. Questo tipo di allevamento può essere utilizzato anche per frutteti SSA ad altissima densità con traliccio a V, in cui gli alberi alternati sono piantati in direzioni opposte ad angoli di circa 60-70° per formare due piani inclinati su un traliccio a più fili per una maggiore intercettazione della luce per superficie del frutteto. La potatura per favorire la fruttificazione delle gemme a fiore basale è simile a quella dell’SSA verticale.

Il muro di fruttificazione francese (“Mur Fruitier”) si basa su un concetto simile per le mele sviluppato presso il Centre Technique Interprofessionel des Fruits et Légumes (CTIFL). L’architettura di base della chioma è quella di un albero a leader centrale piantato relativamente vicino (ad esempio, 1,5 m) con 3,5-4,0 m tra le file e 2,7-4,0 m di altezza dell’albero maturo. Come nel sistema SSA, nei primi 3 anni dovrebbero svilupparsi e distribuirsi lungo la chioma più rami laterali. Tuttavia, questi non vengono potati annualmente fino alle gemme basali, ma vengono lasciati formare degli speroni. A partire dalla terza foglia, gli alberi vengono potati meccanicamente (a siepe) a 40-50 cm dal fusto, in genere circa 3 settimane prima del raccolto, per favorire la penetrazione della luce nei siti di fruttificazione. Questo sistema è ottimale per le cultivar che sono molto produttive, ramificano facilmente e hanno un portamento da spargolo a cadente (rispetto a quello eretto). La siepe estiva viene integrata da una potatura manuale durante la dormienza, ogni anno o ogni due anni, a seconda della vigoria.

In alternativa, con portainnesti da semi-nanizzanti a semi-vigorosi, si possono sviluppare architetture planari a un solo capo lungo tralicci multi-filo come chiome orizzontali Espalier. Lo sviluppo di una struttura di germogli laterali più estesa e permanente lungo ciascun filo del traliccio richiede una maggiore vigoria rispetto alle chiome SSA e, di conseguenza, consente di piantare a densità da moderate a elevate, a seconda della vigoria del portinnesto e del sito. Le popolazioni fruttifere sono costituite principalmente da speroni su ogni ramo orizzontale, creando una chioma planare più stretta rispetto al sistema SSA o Mur Fruitier a maturità. Per intercettare una maggiore quantità di luce e aumentare la produttività del frutteto, gli alberi Espalier a portamento singolo possono essere utilizzati anche per sviluppare frutteti Espalier a traliccio a V, piantando gli alberi alternativamente in direzioni opposte ad angoli di circa 60-70° per formare due piani inclinati di rami orizzontali a sperone fruttifero.

Chiome planari a chioma multipla

Le architetture arboree a chioma multipla possono essere sviluppate con portainnesti precoci da vigorosi a nanizzanti per frutteti a moderata o alta densità. Come nel caso delle chiome tridimensionali, l’uso di più leader fornisce una strategia per la ripartizione proporzionale del vigore in più di un leader verticale, al fine di ottenere una crescita annuale moderata, una produttività equilibrata, una riduzione dei costi annuali di potatura e un uso più efficiente dei fotosintetati. Maggiore è il numero di leader, più la crescita vigorosa in verticale può essere “diffusa” tra i leader per mantenere una parete fruttifera planare di statura moderata. Sono possibili diverse architetture di chioma planare a più leader.

Il sistema Mur Fruitier descritto in precedenza per un singolo leader può essere sviluppato anche con più leader allineati all’interno della fila di alberi (ad esempio, bi-asse, tri-asse o una palmetta a quattro o sei leader, a seconda del vigore della marza/portinnesto/sito). La struttura della chioma UFO crea l’architettura più stretta, con fruttificazione principalmente sugli speroni, come nell’Espalier, ma con i capi fruttiferi orientati verticalmente anziché orizzontalmente. Le idee alla base di questa architettura, che è la più antica delle moderne chiome planari, comprendono: (i) l’utilizzo del naturale portamento fortemente acrotonico del ciliegio dolce; (ii) la decostruzione della chioma in unità fruttifere semplificate per facilitare la stima e la regolazione dei carichi colturali e dei rapporti LA/F; (iii) l’ottimizzazione della distribuzione uniforme della luce in tutta la chioma. L’architettura delle unità fruttifere erette a più capi derivanti da un cordone bilaterale si è successivamente evoluta in una versione a cordone singolo, ottenuta piantando l’albero con un angolo di 45° per iniziare a sviluppare i capi fruttiferi eretti al momento dell’impianto, anziché far crescere due capi-cordone durante il primo anno nel frutteto, in modo simile a un sistema di formazione Drapeau Marchand, ma con un cordone prevalentemente orizzontale e capi verticali anziché un cordone a 45° e capi ad angolo inverso. Il concetto di rinnovo selettivo annuale dei leader è stato adottato dal sistema KGB nel 2007 e, più recentemente, l’uso di alberi bi-assiali, come quelli sviluppati per il sistema di formazione a doppio leader verticale BiBaum® in Italia, è stato ora applicato alla formazione di ciliegi UFO in Nuova Zelanda per iniziare a sviluppare i leader fruttiferi eretti sui cordoni bilaterali durante l’anno di impianto. Come per gli alberi planari a leader singolo, l’architettura planare a leader multipli eretti può essere adottata per i frutteti UFO V- o Y-trellis per aumentare l’intercettazione della luce e le rese potenziali. Gli alberi UFO piantati in modo alternato, in modo che i cordoni interi e le loro punte riempiano un lato del traliccio e poi l’altro, diventano frutteti UFO V-trellis; gli alberi UFO piantati a metà fila con le punte alternate in orientamento su ciascun lato del traliccio diventano frutteti UFO Y-trellis. Questi ultimi si sviluppano meglio con portainnesti da semi-vigorosi a vigorosi, in modo che la vigoria sia sufficiente a riempire entrambi i lati del traliccio.

I già citati alberi a doppia leader verticale (bi-asse) possono essere utilizzati per sistemi di allevamento a piano verticale o a doppio piano. Quando i due leader sono orientati parallelamente all’interno del filare (di solito da nord a sud), possono essere formati come due chiome SSA con un numero di alberi dimezzato rispetto a quello necessario per gli SSA a leader singolo. Gli alberi SSA a doppia guida devono essere piantati su portainnesti un po’ più vigorosi rispetto a quelli degli alberi SSA a singola guida. Quando entrambi i leader sono orientati perpendicolarmente al filare (di solito da est a ovest), possono essere addestrati come un frutteto SSA a Y con un numero di alberi dimezzato rispetto a un SSA a V con un solo leader, oppure come alberi Espalier a Y che fruttificano principalmente sugli speroni dei rami orizzontali. Scelte formative simili possono essere fatte per sviluppare chiome verticali planari a più capi o a due piani usando alberi da vivaio a tre assi o, dirigendo all’impianto, quattro o più alberi capi, creando architetture di chiome strette a tridente, a candelabro o a palmetta.

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Forme di allevamento più idonee

Introduzione

Lo sviluppo più significativo nella produzione del ciliegio negli ultimi 20 anni è la disponibilità commerciale di portainnesti precoci e altamente produttivi che impartiscono una serie di livelli di controllo della vigoria. Questi hanno avuto un impatto sulla morfologia riproduttiva in termini di sviluppo temporale e posizionale delle gemme da fiore, nonché sulla fisiologia della chioma in termini di alterazione delle relazioni fonte-scarico e della fisiologia del germoglio-radice per quanto riguarda l’acquisizione di acqua e nutrienti. È stato riscontrato che il diametro dei vasi nell’unione d’innesto dei portainnesti nanizzanti tendeva a essere più piccolo rispetto ai portainnesti più vigorosi. Ciò suggerisce che la capacità di trasporto dell’acqua potrebbe essere limitante su base diurna e quindi gli alberi su portainnesti nanizzanti potrebbero essere soggetti a uno stress idrico giornaliero transitorio con potenziale riduzione della fotosintesi e dell’assorbimento di nutrienti, riducendo così la crescita, come è stato riportato nel pesco. In effetti, altri hanno riportato che il potenziale idrico del fusto a mezzogiorno e l’assimilazione del carbonio (C) in alberi di ciliegio dolce su portainnesti di diversa vigoria diminuivano proporzionalmente al livello di vigoria impartito. La riduzione della crescita dei germogli, dovuta al genotipo del portinnesto, allo stress idrico ambientale, alla carenza di azoto (N) e alle manipolazioni della chioma, come la piegatura degli arti, è spesso associata a una maggiore formazione di gemme da fiore. Di conseguenza, questi portinnesti relativamente recenti che controllano il vigore e inducono la precocità sono stati oggetto di un’attiva attività di ricerca per capire come utilizzare al meglio queste caratteristiche e sviluppare o adottare sistemi di formazione della chioma e pratiche di frutteto per ottimizzarne l’uso in nuovi sistemi di produzione intensiva.

Sebbene esistano ancora frutteti di ciliegio dolce a bassa densità che utilizzano portainnesti vigorosi, le inefficienze di tali frutteti stanno spingendo a livello mondiale verso l’impianto di frutteti a più alta densità e il controllo della vigoria degli alberi con portainnesti nanizzanti e/o sistemi di formazione. I grandi alberi non precoci ritardano il ritorno sugli investimenti, hanno una maturazione dei frutti meno uniforme e sono difficili da proteggere dagli stress biotici (insetti, malattie, uccelli) e abiotici (pioggia, grandine, gelo, radiazione solare). I produttori di tutto il mondo stanno adottando strutture arboree semplificate, più adatte alla meccanizzazione parziale delle attività lavorative (ad esempio, potatura e raccolta) o alberi più piccoli, più adatti a frutteti pedonali e a una gestione di precisione. Questi alberi hanno una struttura meno permanente e una maggiore enfasi sull’ottimizzazione del rapporto area fogliare/frutto (LA/F: Leaf Area/fruit ratio = rapporto fra Area Fogliare e frutto) e della resa per area, migliorando l’economia del frutteto, in particolare nei primi anni, e le strutture semplificate delle chiome facilitano meglio la manodopera manuale o la meccanizzazione parziale per compiti quali la regolazione del carico colturale (ad esempio, potatura e diradamento di gemme, speroni, fiori e frutti immaturi) e la raccolta.

Tuttavia, i frutteti ad alta densità presentano anche sfide uniche. Gli alberi più piccoli sono più suscettibili di esporre un’alta percentuale del raccolto all’aria più fredda durante le gelate primaverili. Le colture precoci richiedono uno sviluppo preciso della chioma per riempire lo spazio assegnato al frutteto in modo rapido ed efficiente. Una struttura degli alberi imprecisa durante i primi anni di impianto non solo può portare a rese iniziali inferiori o a coltivazioni eccessive, ma può anche essere difficile da correggere a causa della competizione per i fotoassimilati tra la crescita vegetativa precoce e i carichi colturali precoci. Quando le fonti di fotoassimilati (cioè LA e riserve di stoccaggio) sono insufficienti a rifornire i vari pozzi di assorbimento in competizione (cioè frutti, gemme, speroni, crescita dei germogli, legno e radici), la qualità dei frutti e il vigore vegetativo saranno inferiori a quelli ottimali. Per sviluppare le migliori pratiche di gestione ed evitare situazioni di questo tipo, la comprensione delle relazioni fonte-serbatoio nelle ciliegie su portainnesti precoci e spesso limitanti la vigoria è utile per implementare strategie che consentano di ottenere frutti di qualità e di mantenere un equilibrio e una distribuzione adeguati di C nell’albero.

Architetture di chioma e sistemi di allevamento

Prima della diffusa disponibilità di portainnesti precoci e a controllo della vigoria, sono stati rivisti i tradizionali sistemi di allevamento e produzione delle ciliegie dolci e amarene. Nei 20 anni successivi, i frutteti ad alta densità sono diventati più comuni, con molte idee innovative per la formazione e la gestione degli alberi. Una raccolta di linee guida per lo sviluppo e la gestione della chioma del ciliegio dolce per diversi sistemi di allevamento contemporanei è stata recentemente pubblicata online e come applicazione per tablet. Sebbene i sistemi di produzione delle ciliegie acide siano cambiati poco negli ultimi vent’anni, cominciano ad esserci innovazioni nell’adattamento di nuove tecnologie e architetture di alberi per la raccolta meccanica.

Come per tutti gli alberi da frutto, la resa e la qualità dei frutti sono direttamente correlate all’efficienza e alla distribuzione della luce. Una domanda comune tra i coltivatori di ciliegie è se i frutteti ad alta densità, che diventano produttivi prima dei tradizionali frutteti a bassa densità, rimarranno produttivi quanto i frutteti più tradizionali. La vita produttiva di questi frutteti, se si mantiene una buona salute degli alberi, potrebbe essere di 35 anni o più. Poiché ad oggi la maggior parte dei frutteti ad alta densità ha un’età inferiore ai 20 anni, la questione rimane aperta fino a quando questi frutteti non avranno raggiunto un’età simile. Tuttavia, la strategia di gestione degli alberi insita nella maggior parte dei sistemi di formazione ad alta densità fornisce una base logica per la probabilità che la produttività ottimale possa essere pari a quella dei frutteti tradizionali. Questa strategia consiste nella riduzione al minimo della struttura arborea permanente, abbinata al rinnovo regolare della struttura temporanea della chioma fruttifera. In questo modo, la distribuzione delle risorse per la crescita degli alberi si allontana dalla strategia precedente, che prevedeva la costruzione di un’ampia struttura di tronchi e impalcature che richiedeva molti anni per essere realizzata e che si traduceva in un manto di LA ben esposto e di superficie fruttifera che si sovrapponeva a una struttura interna più ombreggiata, con una minore produttività e qualità dei frutti. Le moderne strategie di allevamento ad alta densità indirizzano invece le risorse di crescita verso il mantenimento di una superficie fruttifera e di LA giovane e ben esposta proporzionalmente maggiore, raggiungendo spesso un potenziale produttivo ottimale entro 3-5 anni dall’impianto. Ciò si ottiene, in parte, aumentando il numero di alberi per ettaro in concomitanza con la diminuzione della struttura arborea permanente e del volume della chioma. La chiave per una produttività sostenuta dopo aver raggiunto i primi rendimenti ottimali è un piano di gestione per rimuovere periodicamente la parte più vecchia della chioma e promuoverne il rinnovamento. Il ciclo periodico di nuova crescita di moderata vigoria sostituisce la struttura fruttifera invecchiata, che sarebbe sempre più ombreggiata e di minore produttività. In questo modo si mantiene una chioma fruttifera relativamente giovane e ben esposta, che dovrebbe sostenere le rese e la qualità dei frutti fino a quando si possono generare nuovi germogli, plausibilmente per molti decenni. Le modalità di riciclo e rinnovamento possono variare a seconda del sistema di formazione e costituiscono un’area di ricerca fisiologica attiva.

Sistemi multidimensionali e autoportanti

Le architetture tradizionali delle chiome di ciliegio sono tridimensionali e in genere creano alberi autoportanti che “stanno in piedi da soli” come chiome simmetriche di una certa profondità che vengono raccolte da raccoglitori che si muovono lungo il perimetro dell’albero, di solito con scale alte per accedere alle regioni superiori della chioma. Queste architetture possono essere adattate a densità più elevate, di solito riducendo l’altezza dell’albero e il volume della chioma, soprattutto se coltivate su portinnesti a vigore controllato.

Chiome a leader singolo

A densità moderate su portainnesti che conferiscono livelli moderati di vigore, le architetture a chioma singola a leader centrale possono essere mantenute come alberi indipendenti. In alternativa, ad alte densità su portainnesti semi-nanizzanti o nanizzanti, gli alberi con un solo capo possono essere mantenuti come chiome alte, strette e coniche o adattati a pareti fruttifere quasi continue centrate sul singolo capo. Esempi di questi sistemi di formazione della chioma sono le variazioni dell’architettura tradizionale a fuso (conico o piramidale) e il TSA. Il sistema Solaxe, sviluppato originariamente per le mele, è stato adottato nelle ciliegie dolci per gli alberi su portainnesti più vigorosi, poiché i suoi principi di piegatura degli arti e fruttificazione principalmente sugli speroni dei lunghi germogli pendenti migliorano la precocità e la produttività. Tuttavia, queste caratteristiche rendono il Solaxe generalmente inadatto alle ciliegie su portinnesti nanizzanti o semi-nanizzanti, a causa dei rapporti LA/F ridotti che possono portare a un sovraccarico e a frutti di piccole dimensioni. Il concetto di estinzione degli speroni, ovvero la rimozione permanente di un certo numero di speroni per ridurre il carico colturale (ma anche l’eliminazione di alcuni LA degli speroni), è stato sviluppato per affrontare queste sfide, anche se non si è rivelato molto efficace. Allo stesso modo, il sistema TSA è stato derivato dall’alto fusto del melo, con differenze che includono l’inizio con un albero da vivaio a frusta (piuttosto che con un albero ben protetto) e la direzione annuale di dormienza dei germogli laterali di un anno per promuovere la ramificazione laterale e la rimozione preventiva della futura sezione di sperone denso che si forma sotto la giunzione di crescita annuale. Quest’ultima tecnica è simile all’estinzione degli speroni, in quanto gli speroni vengono rimossi in modo permanente, ma a differenza dell’estinzione, la riduzione della densità dei siti di fruttificazione è accompagnata da un aumento di LA da parte dei nuovi germogli che crescono in primavera dopo la potatura.

Chiome a più leader

Le chiome a più leader sono generalmente adatte ad alberi su portainnesti di vigoria da moderata a elevata e a spaziature più ampie, creando frutteti di densità moderata (cioè 1000-1250 alberi ha-1). Maggiore è il numero di leader, più la crescita eretta tipicamente vigorosa del ciliegio dolce può essere “diluita” o distribuita tra i leader per mantenere una statura moderata dell’albero. Pertanto, le architetture a chioma multipla, come il vaso aperto o il calice (“Gobelet” in Francia), sono da tempo tecniche tradizionali per la coltivazione del ciliegio dolce. Nel corso degli anni sono state sviluppate varianti per regioni specifiche, come lo Steep Leader nello Stato di Washington e lo Spanish Bush in Spagna, nonché l’Aussie Bush e il KGB in Australia. I contributi innovativi della Steep Leader includono l’ibridazione di elementi di chioma a vaso aperto e a fuso: i leader multipli contribuiscono a diluire il vigore, ma sono coltivati più verticalmente e strettamente (“ripidi”) tra loro, e le impalcature e i rami laterali si sviluppano solo verso l’esterno dei leader stretti, in una forma parzialmente conica per una migliore distribuzione della luce dall’alto verso il basso e con una stretta metà aperta tra le impalcature. In questo modo si mantiene una maggiore produttività nella chioma Steep Leader rispetto a un albero tradizionale a vaso aperto o a calice.

I contributi innovativi del KGB comprendono regole di formazione e potatura annuale molto semplici, con l’obiettivo di formare 20-25 leader eretti nei primi 2-3 anni di sviluppo. Questo non solo diluisce la vigoria in modo molto efficace, ma offre anche l’opportunità di mantenere i portamento eretto con vigoria più uniforme come maggioranza per la fruttificazione e di rimuovere quelli troppo vigorosi (meno fruttiferi) e più deboli (di scarsa qualità dei frutti) durante lo sviluppo. Inoltre, i numerosi capi a frutto di moderata vigoria possono essere momentaneamente abbattuti per raccogliere facilmente il raccolto interamente da terra, creando un frutteto veramente pedonale. Infine, gli uno o due capi eretti più grandi vengono rimossi ogni anno, rinnovando così le unità di fruttificazione per mantenere una popolazione di speroni relativamente giovane nella chioma, che si traduce in frutti grandi e di qualità uniforme quando il rapporto LA/F è adeguato. Poiché la fruttificazione dei leader KGB avviene preferibilmente sugli speroni, può essere necessario un certo diradamento dei frutti o l’estinzione degli speroni nelle cultivar altamente produttive. Le cultivar con abitudini di crescita erette e che non producono facilmente germogli laterali (ad esempio, “Lapins”) sono le migliori per lo sviluppo di chiome KGB. Alcuni portainnesti, come la serie ‘GiSelA’, che tendono a promuovere una maggiore ramificazione laterale, possono rendere più problematico il mantenimento di strette chiome erette nelle chiome KGB. In siti meno vigorosi e/o su portainnesti che limitano la vigoria, si dovrebbe sviluppare un numero minore di capolini eretti, proporzionale al livello di controllo della vigoria indotto dal portainnesto. I fattori che riducono la vigoria aumentano anche la difficoltà di rinnovo annuale del portamento eretto più grande dopo che gli alberi hanno raggiunto la piena produzione, a causa della competizione con il carico colturale a maturità.

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Gestione del microclima del frutteto

Per decenni, le cultivar di ciliegio sono state selezionate per acclimatarsi alle condizioni e ai microclimi locali. Il cambiamento climatico globale degli ultimi decenni ha comportato una serie di cambiamenti nel microclima, che devono essere adattati per una coltivazione di successo del ciliegio. Ciò include non solo estati più calde e secche, ma anche inverni più caldi. Ad esempio, negli ultimi 75 anni nel Michigan, negli Stati Uniti, la data di sviluppo della punta verde dei boccioli, dopo la transizione dall’endodormienza all’ecodormienza, si è notevolmente anticipata, con una media di dieci giorni nel 2010 rispetto al 1935 e prima. Ciò ha conseguenze significative sulla probabilità che le gelate primaverili danneggino le gemme o i fiori aperti. Nello stesso periodo, il numero di gelate che si sono verificate allo stadio di gemma verde o dopo è quasi raddoppiato ed è diventato più estremo, con meno di dieci in qualsiasi stagione prima del 1940, ma ben 15 stagioni con più di dieci dal 1940 e ben 15-20 gelate per stagione verificatesi sette volte in quel periodo.

La radiazione solare globale e le temperature estreme non sono gli unici cambiamenti climatici che possono influenzare in modo critico la produzione di ciliegie, e non sempre sono negativi. Una fioritura più precoce porta in genere a una maturazione più precoce, che può spostare la produzione verso un rendimento di valore più elevato nei mercati tradizionalmente precoci o un rendimento di valore più basso (quando i picchi di offerta sono ancora elevati) nei mercati tradizionalmente tardivi.

Raffreddamento per evaporazione

Il raffreddamento per evaporazione si verifica in tutti i frutteti con un’adeguata umidità del suolo durante le giornate calde. La fisica di base utilizza il trasferimento esotermico di energia che avviene quando l’acqua liquida evapora e raffredda la superficie di evaporazione. Il raffreddamento delle foglie attraverso la perdita di acqua per evapotraspirazione attraverso gli stomi, in concomitanza con lo scambio gassoso fotosintetico, è segno che la pianta di ciliegio è in buone condizioni. Questo raffreddamento naturale può essere incrementato da applicazioni di acqua sopra o sotto l’albero con microirrigatori. La microirrigazione sotto gli alberi non ha un potenziale di raffreddamento evaporativo significativo, ma può comunque influenzare il microclima del frutteto.

Accumulo di calore

L’intrappolamento del calore dalla radiazione solare giornaliera per aumentare i gradi di crescita e anticipare la fioritura del ciliegio e la crescita dei germogli, delle foglie e dei frutti è solitamente realizzato con coperture del frutteto. Questa soluzione può essere particolarmente interessante dal punto di vista economico per le zone a maturazione precoce (cioè più calde) o per prolungare le offerte precoci nei mercati aziendali o locali. Le prove di copertura dei ciliegi per anticipare lo sviluppo dei frutti sono iniziate nel 2002 a Klein-Altendorf/Bonn, con successivi studi simili in Norvegia, Cile e Stati Uniti. La fioritura sotto le coperture chiuse dei frutteti è stata anticipata di 16-18 giorni, e seguita da una raccolta anticipata di 12-19 giorni, a seconda della cultivar.

Protezione da pioggia, grandine e vento

L’obiettivo più comune di modifica del microclima per i frutteti di ciliegie è l’uso di coperture per frutteti durante il III stadio di sviluppo dei frutti per ridurre il cracking da pioggia. Se le coperture vengono utilizzate solo per la protezione dal cracking, i teli vengono approntati circa 4-6 settimane prima del raccolto. In questo modo è possibile effettuare il raccolto nel frutteto anche in caso di pioggia. La protezione dalla pioggia ha anche implicazioni sulla riduzione dell’incidenza delle malattie, sull’efficacia più prolungata di alcuni insetticidi e sul miglioramento del potenziale della produzione biologica di ciliegie.

Coperture del frutteto e tipi di copertura

I benefici e i limiti delle coperture per frutteti che modificano il microclima variano a seconda del tipo di copertura. Pertanto, a fronte di un significativo costo di produzione, è necessario considerare il valore di mercato previsto dei benefici da ottenere quando si decide di progettare un nuovo frutteto o di adeguare un frutteto esistente con le coperture. Allo stesso modo, per ottimizzare l’uso dei sistemi di copertura dei frutteti si deve considerare l’impatto sul microclima e sulla biologia delle piante.

I sistemi di copertura per le ciliegie dolci variano da teli o reti di plastica relativamente economici, temporaneamente agganciati a strutture di sostegno a pali e fili (o a pali e cavi), a strutture in acciaio coperte di plastica di piccole (singole file) o grandi dimensioni (tunnel alti) a strutture troppo costose simili a serre o serre di plastica che possono manipolare con maggiore precisione diversi fattori ambientali per una potenziale produzione fuori stagione.

Cracking e shelf-life dei frutti

Per prevenire il cracking dei frutti di ciliegio è necessario gestire le coperture del frutteto in modo da escludere i frutti dal contatto delle precipitazioni, evitare la saturazione della zona radicale e fornire acqua adeguata e costante per la crescita, preferibilmente con irrigazione a goccia. Tale gestione può portare a riduzioni impressionanti del cracking, da due a una cifra. Tuttavia, le prove su frutteti coperti condotte in vari Paesi hanno dimostrato che le fessurazioni possono ancora verificarsi sotto le coperture dei frutteti quando l’acqua penetra attraverso il terreno, ad esempio quando le coperture dei filari di pali e cavi disperdono l’acqua nel corridoio tra le file di alberi o quando i tunnel alti non hanno grondaie, o i canali o i sistemi di drenaggio del terreno del frutteto non riescono a rimuovere l’umidità abbastanza velocemente e si verifica uno sversamento. In alcune situazioni è persino possibile che i frutti coperti abbiano un’incidenza maggiore di fessurazioni rispetto a quelli scoperti, cosa attribuita a una maggiore frequenza di condensa sui frutti coperti.

Insetti benefici

L’eccessivo calore durante la fioritura sotto le coperture è già stato discusso per quanto riguarda gli effetti sullo sviluppo degli organi floreali e sulla pratica longevità del periodo di impollinazione. Se le coperture creano condizioni di caldo e umidità durante la fioritura, i grani di polline possono attaccarsi tra loro, rendendo meno efficace la raccolta e il trasporto da parte degli insetti. Le condizioni di aridità sotto le coperture possono ridurre la produzione di nettare floreale e rendere i fiori meno attraenti per gli impollinatori. Poiché le api mellifere (Apis mellifera) utilizzano la luce UV e UV polarizzata per orientarsi nell’alveare e nelle loro fonti di cibo (i fiori), l’alterazione dello spettro luminoso da parte delle coperture in plastica può disorientare il comportamento delle api bottinatrici. Questo può essere un problema maggiore nei sistemi di frutteti completamente coperti, come i tunnel alti, che nelle strategie di copertura a file con spazi significativi che danno accesso al cielo aperto tra le coperture.

Insetti e altri artropodi infestanti

Storicamente, gli insetti predominanti del ciliegio sono stati la mosca delle ciliegie europea (Rhagoletis cerasi) o americana (Rhagoletis cingulata) e, più recentemente, il moscerino dei piccoli frutti (Drosophila suzukii). Questi parassiti prosperano sotto le coperture dei frutteti, sebbene le strutture di copertura possano anche supportare fitte reti di esclusione della mosca delle ciliegie (con maglie di 0,9 × 0,9 mm) per ridurre le infestazioni. Queste reti hanno l’ulteriore vantaggio di proteggere dai danni causati dagli uccelli, anche se la densità delle maglie rappresenta una sfida nella gestione del calore eccessivo. L’infestazione secondaria dovuta alle larve già presenti nel terreno può essere parzialmente controllata o ridotta con l’irrigazione a goccia nel filare degli alberi e lasciando i viali non irrigati. Questa soluzione è risultata efficace quanto i formulati chimici non possono essere uno strumento di gestione essenziale nella produzione biologica. La pacciamatura contro le erbe infestanti lungo il filare degli alberi può ulteriormente escludere le larve della mosca della ciliegia (e di altre specie) dalla striscia di terreno umido.

Varietà, portainnesti e sistemi di formazione per frutteti coperti

La scelta delle cultivar per la produzione sotto copertura del frutteto dipende più dalle richieste del mercato che da qualsiasi caratteristica specifica del frutto. Le coperture possono offrire l’opportunità di produrre frutti commerciabili da cultivar non tipicamente coltivate in una particolare regione, se la copertura riduce al minimo un fattore critico limitante, come la possibilità di coltivare cultivar con un’elevata suscettibilità alla fessurazione da pioggia in climi piovosi (sebbene sia stato osservato che alcune cultivar, come Brooks, si fessurino anche in assenza di contatto diretto con l’acqua piovana), o di coltivare cultivar a fioritura estremamente precoce in una regione con frequenti gelate primaverili. Poiché il clima più secco nei tunnel può aumentare la suscettibilità all’oidio, sarebbero auspicabili cultivar con resistenza genetica all’oidio.

I ciliegeti ben gestiti sotto le coperture dovrebbero migliorare la salute e il vigore degli alberi e il tasso di mineralizzazione dell’azoto nel suolo e la sua disponibilità in primavera, l’uso di portainnesti da vigorosi a semi-vigorosi come GiSelA 6, GiSelA 12, Krymsk 5, Colt, CAB6P, Mazzard e Mahaleb può dare origine ad alberi giganti che diventano difficili da contenere sotto le coperture. Tranne che su terreni poveri, gli alberi sui portinnesti nanizzanti o semi-nanizzanti GiSelA 3 e GiSelA 5 si sono rivelati più adatti a sviluppare alberi di piccola statura (più adatti in ambienti dell’Italia Centrale in sù). A differenza della situazione equivalente per il melo con il portainnesto Malling 9, questi portainnesti di ciliegio non hanno generalmente bisogno di sostegno, a meno che il sistema di allevamento non lo richieda. Inoltre, questi portainnesti precoci

forniscono rese precoci per un più rapido ritorno dell’investimento. Pertanto, piantare un nuovo frutteto sotto un sistema di copertura consolidato, piuttosto che costruire il sistema di copertura su un frutteto una volta che questo ha iniziato a fruttificare, si tradurrà in una crescita migliore, nello sviluppo di un maggior numero di legno fruttifero in anticipo e, quindi, in una produzione più elevata in anticipo. Nei casi in cui i terreni o il clima non sono adatti a portainnesti nanizzanti o semi-nanizzanti, i portainnesti semi-vigorosi possono essere combinati con sistemi di allevamento a guida multipla e tecniche orticole che inducono la precocità (come la legatura delle branche e rami e gli stress idrici) per ridurre la vigoria e accelerare la fruttificazione. Se gli alberi in copertura diventano troppo vigorosi, ulteriori strategie per ridurre al minimo la vigoria includono l’uso di inibitori della crescita, come il paclobutrazol o il calcio proesadione, ove consentito, o la potatura delle radici, questi ultimi classificati ormoni non sono consentiti in Italia.

La progettazione tipica del frutteto dipende dal tipo di sistema di copertura. Tuttavia, tutti i metodi devono essere il più possibile efficienti dal punto di vista dello spazio per ottimizzare la resa e il rendimento dell’investimento: i frutteti che utilizzano coperture a pali e cavi devono corrispondere alla larghezza della copertura e della chioma degli alberi. La distanza tra le file di alberi per i sistemi che coprono più file deve tenere conto della distanza tra le gambe del tunnel o i pali di sostegno della serra, dell’accesso alle attrezzature e dell’uniformità della copertura dei getti e della distribuzione della luce. I progetti standard di impianto in tunnel alto prevedono due filari di alberi con una corsia centrale per il trattore o un doppio filare di alberi in due terzi del tunnel con la corsia per il trattore su un lato. In termini di chiome tridimensionali, gli alberi a fusto singolo tendono ad avere una migliore distribuzione della luce e una maggiore efficienza spaziale rispetto agli alberi a fusto multiplo. Con la crescente adozione da parte dei coltivatori di portainnesti nanizzanti e di siepi meccaniche, tre file strette di alberi ad alto fusto sono sempre più comuni.

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Varietà e miglioramento ciliegio dolce

Oggi sono disponibili centinaia di cultivar di ciliegio dolce per i coltivatori. Si è conservata un’ampia varietà di varietà autoctone e molte sono state utilizzate per la produzione a livello locale o, più recentemente, nei moderni programmi di selezione.

Sebbene il numero di cultivar di ciliegio dolce disponibili a livello commerciale sia aumentato in modo significativo negli ultimi decenni, è da notare che in molti Paesi un’ampia percentuale della produzione si basa ancora su un numero ridotto di cultivar. Alcune di queste sono selezioni molto vecchie, come “Bing” o “Burlat”, o addirittura vecchie cultivar di origine sconosciuta, come “0900 Ziraat” in Turchia.

Allevamento del ciliegio dolce

Il miglioramento genetico del ciliegio dolce basato sulla selezione controllata è relativamente recente rispetto ad altre specie frutticole. Oltre alla minore redditività economica rispetto a specie come il melo o il pesco, occorre tenere conto anche di altre caratteristiche biologiche: (i) un sistema di autoincompatibilità gametofitica; (ii) una forte dipendenza dell’allegagione dalle condizioni climatiche durante la fioritura; (iii) l’elevata vigoria e la mancanza di precocità della maggior parte delle cultivar di ciliegio dolce; (iv) fino a poco tempo fa, la mancanza di portainnesti nanizzanti che consentissero una produzione intensiva di frutteti; e (v) altri problemi agronomici specifici, come i danni ai frutti causati dagli uccelli e le spaccature indotte dalla pioggia.

Tolleranza agli stress abiotici e biotici

Lo stress abiotico più dannoso per la redditività del ciliegio dolce è senza dubbio il cracking dei frutti indotto dalla pioggia. Trattandosi di un fenomeno molto complesso, non è ancora stato messo a punto un protocollo affidabile di fenotipizzazione in laboratorio o in campo per valutare la tolleranza varietale al cracking. Pertanto, solo osservazioni pluriennali in campo in siti con sufficienti precipitazioni durante il periodo di raccolta consentono di valutare la tolleranza al cracking degli ibridi.

Qualità dei frutti

Le principali caratteristiche qualitative valutate dai selezionatori di ciliegie dolci sono la dimensione del frutto, la sua consistenza, il colore della buccia e della polpa, il contenuto zuccherino e il sapore. Molti altri caratteri morfologici e biochimici possono essere valutati in fasi più avanzate del processo di selezione e possono riguardare la buccia, la polpa, il succo, il nocciolo o il peduncolo. In molti programmi di selezione sono stati compiuti enormi progressi in termini di dimensione e compattezza dei frutti, con cultivar in grado di produrre regolarmente frutti molto sodi di oltre 12 g. Tuttavia, il peso e la compattezza dei frutti possono essere correlati negativamente in alcuni contesti genetici e sono necessarie ulteriori ricerche per districarsi nel complesso determinismo genetico di questi caratteri.

Fabbisogno freddo per le varietà più diffuse

La maggior parte delle cultivar commerciali – ma anche le varietà autoctone – hanno esigenze di refrigerazione invernale non adatte a queste latitudini. Tuttavia, negli ultimi decenni e cresciuto l’interesse per l’adattamento della coltivazione del ciliegio dolce a regioni caratterizzate da inverni miti, come la Spagna sud-orientale, la California, le zone centrali del Cile e persino i Paesi del Nord Africa come Tunisia, Algeria e Marocco. Diverse cultivar commerciali, come Lapins, Brooks e Rainier, sono regolarmente prodotte, anche durante inverni particolarmente miti.

Tuttavia, pochissime cultivar sono chiaramente a bassa temperatura, anche se un’eccezione potrebbe essere la varietà di terra Cristobalina, che, oltre a essere autofertile, ha una fioritura estremamente precoce. In California, Zaiger Genetics ha recentemente rilasciato diverse cultivar che hanno anch’esse una fioritura molto precoce e, presumibilmente, esigenze di raffreddamento molto basse, come Royal Tioga, Royal Hazel, Royal Hermione e Royal Marie. Dette cultivar per le caratteristiche genetiche esposte necessitano un fabbisogno in freddo al di sotto delle 150 ore rispetto alle più classiche di oltre 300 ore. Non si sa se per la selezione di queste nuove cultivar sia stata utilizzata la Cristobalina o un’altra cultivar affine. Recentemente è stata segnalata dalla Tunisia un’altra cultivar interessante, chiamata Bouargoub; come la Cristobalina, fiorisce molto presto, è autofertile e produce frutti piuttosto piccoli.

Idealmente, i selezionatori cercheranno cultivar con un basso fabbisogno di freddo per la fioritura, ma con un fabbisogno termico sufficiente per non fiorire troppo presto ed evitare il rischio di danni da gelo. Per quanto ne sappiamo, questo ideotipo non è ancora stato ottenuto per il ciliegio dolce.

Controllo della temperatura di dormienza

Per gli alberi in generale e per il ciliegio in particolare, una delle strategie per sopravvivere alle gelide temperature invernali è il periodo di dormienza, che è fortemente influenzato dalle variazioni di temperatura. I ciliegi fruttiferi in genere mettono le gemme terminali (cessando la crescita attiva dei germogli) a metà o alla fine dell’estate, quando il fotoperiodo diminuisce. In autunno, il passaggio a giornate corte seguito da un calo della temperatura aumenta la profondità della dormienza e avvia il processo di acclimatazione al freddo.

Questo periodo può essere distinto in due fasi principali: (i) l’endodormienza, principalmente sotto il controllo delle temperature fredde e definita come l’incapacità di iniziare la crescita dai meristemi in condizioni favorevoli, seguita da (ii) l’ecodormienza, che corrisponde al periodo durante il quale i meristemi possono riprendere la crescita se le temperature sono ottimali.

Controllo degli stadi di dormienza tramite temperatura e fotoperiodo

Una volta indotta l’endodormienza, sono necessari periodi di freddo per avviare la crescita e la fioritura in primavera. Nelle specie di rosacee, l’induzione e il rilascio dell’endodormanzia sono guidati da condizioni di temperatura simili. I periodi di freddo necessarie per la transizione dall’endodormienza all’ecodormienza sono note come “chilling requirement” (CR). Come nel caso dell’induzione dell’endodormienza, il CR non è una costante assoluta per una determinata cultivar e può variare in base a molti fattori, come le condizioni climatiche, il periodo giovanile e le condizioni di stress. Nel melo è dimostrata una tendenza ad intensificare l’endodormienza quando la temperatura di formazione delle gemme era più elevata. In altre specie, le alte temperature hanno indotto l’endodormienza più velocemente e più in profondità (aumentando la richiesta di raffreddamento) rispetto alle basse temperature. Inoltre, lunghi periodi di tempo durante l’endodormienza con temperature calde superiori a 16°C possono invertire le unità di raffreddamento accumulate e aumentare la CR necessaria per la transizione endodormienza-ecodormienza.

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